Storia Del Club

Nato nel 1972, il Football Club Luigi Meroni, è la quinta società calcistica nata nella città di Siena e da sempre si distingue per la pratica genuina e il sano amore per lo sport. Con l'arrivo del nuovo millennio, il Meroni è rientrato nelle fila della Polisportiva Mens Sana come sezione autonoma.
Il F.C. Luigi Meroni, fin dalla sua nascita, ha sempre svolto solo la Terza Categoria ma il fiore all'occhiello della società sono il settore giovanile e la scuola calcio dove il bambino o il ragazzo che sceglie di praticare il calcio, potenzierà lo sviluppo fisico, stimolando l’apparato respiratorio e circolatorio, aumentando la potenza muscolare e la coordinazione, acquisendo sicurezza nei propri mezzi nel rispetto di una serie di regole comportamentali e morali che stanno alla base di un gruppo improntato al raggiungimento di un comune obiettivo. E poi il fattore agonistico, una molla in più per incanalare nel migliore dei modi quella competizione, leale e corretta, che sta alla base anche del calcio giovanile. Infatti, grazie a una scuola calcio e a un settore giovanile con istruttori ed allenatori all'avanguardia, il Football Club Luigi Meroni ha ottenuto buonissimi risultati.




La Biografia Di Luigi Meroni: Il Nome Del Nostro Club In Onore Di Un Grandissimo Giocatore


Luigi Meroni (Como, 24 febbraio 1943 – Torino, 15 ottobre 1967) è stato un importante calciatore italiano, di ruolo centrocampista. Morì a ventiquattro anni investito da un'auto mentre attraversava un viale del capoluogo piemontese (Corso Re Umberto) insieme al suo grande amico e compagno di squadra Fabrizio Poletti, poco dopo la fine di una partita tra il Torino, la squadra in cui militava, e la Sampdoria. Aveva fino ad allora disputato 143 partite in Serie A realizzando 28 reti.
Meroni è stato un'ala destra e giocava con il numero 7. Il suo punto di forza era il dribbling imprevedibile con cui spiazzava i difensori avversari, arrivando spesso a tu per tu con il portiere.



La Carriera
Cominciò a giocare a calcio in un piccolo cortile di 60 metri quadrati per poi passare al campo dell'Oratorio di San Bartolomeo a Como; dall'età di due anni era orfano di padre, e la madre Rosa, di professione tessitrice, aveva difficoltà economiche nell'allevare i tre figli Celestino, Luigi e Maria. Come primo lavoro fece il disegnatore di cravatte di seta, e si dedicò anche alla pittura.
Cresciuto calcisticamente nelle formazioni giovanili del Como, giunto a giocare in prima squadra sia pure nella seconda divisione, Meroni venne ceduto al Genoa. All'ombra della Lanterna, Meroni ebbe momenti di grande notorietà. La magia rischiò di incrinarsi nell'ultima gara della stagione, quando, chiamato ad un controllo antidoping, Meroni si rifiutò di sottoporsi agli esami di rito (affermò di essersi dimenticato il test in albergo): altri tre giocatori della squadra risultarono positivi alle anfetamine, e Meroni fu squalificato per le prime cinque giornate del campionato 1963.
Nel 1964 nonostante il malcontento della tifoseria genoana, fu ceduto per 300 milioni di lire (all'epoca cifra record per un giocatore di soli ventuno anni) al Torino allenato da Nereo Rocco, squadra in ascesa dopo il tragico declino seguito alla Tragedia di Superga (ironia della sorte, il pilota dell'aereo che si schiantò contro il terrapieno della Basilica si chiamava Pierluigi Meroni).
A differenza di Riva, Boninsegna o anche Pulici non gli era stato attribuito, da Gianni Brera, un appellativo ben preciso.
Era soprannominato talvolta "farfalla" (allusione al suo stile di gioco, ma anche ai suoi costumi anticonformisti, era notoria la sua convivenza "more uxorio" con una giovane separata) e, per i suoi interessi artistici e il suo stile da "capellone" il "beatnik del gol", o dagli ispanici "el beatnik del fútbol". I tifosi granata più anziani lo chiamavano con un pizzico di ironia "Calimero".
Le voci insistenti di un suo passaggio alla Juventus, con un'offerta pronta di 750 milioni di lire, scatenarono una specie di "insurrezione" popolare e il presidente Orfeo Pianelli, sotto la pressione della piazza, dovette rinunciare al progetto.
Insieme al sanguigno e guizzante centravanti Nestor Combin formò una coppia d'attacco, che precedette i fasti dei due celebri "gemelli del gol", ovvero Paolo Pulici e Francesco Graziani.
Nel 1967 a San Siro, dopo uno dei suoi famosi slalom, con un pallonetto dal limite dell'area, finito all'incrocio dei pali della porta nerazzurra, interruppe l'imbattibilità casalinga della "Grande Inter" di Helenio Herrera, costringendo i nerazzurri alla sconfitta dopo tre anni di risultati utili, facendo perdere lo scudetto all'Inter dopo questa sconfitta.
La prima convocazione in Nazionale fu in occasione della partita di qualificazione con la Polonia nel 1965.
Con la maglia della Nazionale azzurra partecipò alla sfortunata spedizione guidata dall'allenatore Edmondo Fabbri ai Mondiali di Inghilterra del 1966, culminata con l'incredibile sconfitta contro la Corea del Nord 1-0. Date le continue divergenze con il tecnico, durante i Mondiali inglesi giocò solo la seconda partita contro l'URSS.
Il primo gol in maglia azzurra lo mise a segno a Bologna il 14-06-1966 (Italia-Bulgaria 6-1) segnando il sesto gol, durante la serie di amichevoli di preparazione al Mondiale. Segnò un gol anche all'Argentina disputata a Torino il 22-06-1966 (Italia-Argentina 3-0).

La Tragedia
La sera del 15 ottobre 1967, dopo l'incontro contro la Sampdoria dominato dai granata per 4-2, Meroni fu convinto dall'amico Fabrizio Poletti, giocatore nella stessa squadra, ad abbandonare il ritiro post-partita della squadra prima del termine. Dirigendosi verso il bar che di solito frequentava, attraversò avventatamente il corso Re Umberto nei pressi del civico 46: percorse la prima metà della carreggiata, fermandosi in mezzo alla strada cercando un momento buono per passare nell'intenso traffico. Dalla sua destra arrivò rapidamente un'auto troppo vicina. Meroni e Poletti fecero un passo indietro. Poletti fu urtato di striscio da una Fiat 124 Coupé proveniente dal lato opposto, e Meroni invece fu colpito in pieno alla gamba sinistra; fu sbalzato in aria dall'impatto e cadde a terra dall'altra parte della carreggiata, per poi venire travolto da una Lancia Appia, che ne agganciò il corpo trascinandolo per 50 metri, mentre la Fiat 124 Coupé si fermava a bordo strada. Meroni morì poche ore dopo, alle 22.40, all'ospedale Mauriziano, dove venne portato da un passante, tal Giuseppe Messina, poiché l'ambulanza rimase imbottigliata nel traffico post-partita. Arrivò al Nosocomio con le gambe e il bacino fratturati, e con un grave trauma cranico.
La Fiat era guidata da Attilio Romero, un diciannovenne neopatentato, di buona famiglia e figlio di un medico agiato. Romero nel giugno 2000 sarebbe poi divenuto presidente del Torino, portandolo nel 2005 al fallimento. Dopo l'incidente, Romero si presentò spontaneamente alla Polizia, dove venne interrogato fino a tarda notte. Tornò a casa propria in corso Re Umberto, a soli 13 numeri di distanza dalla casa di Meroni.
Più di 20.000 persone parteciparono ai suoi funerali, e il lutto scosse la città. Dal carcere delle Nuove di Torino alcuni detenuti raccolsero soldi per mandare fiori. La stampa sembrò per un attimo perdonare la bizzarrìa contestata in vita (i capelli lunghi, la barba incolta, le calze abbassate), ma la Chiesa si oppose al funerale e criticò aspramente Don Francesco Ferraudo, cappellano del Torino Calcio, per aver celebrato il funerale di un "peccatore pubblico" con riti religiosi. Meroni infatti conviveva in una mansarda di corso Re Umberto a Torino con la sua ragazza di origine polacca, Cristiana Uderstadt, figlia di giostrai, che in quell'epoca in cui in Italia non esisteva il divorzio era ancora ufficialmente la moglie (anche se in attesa di annullamento del matrimonio) di un regista romano.


Dopo Il Lutto
La settimana dopo il funerale, la squadra del Torino avrebbe affrontato la Juventus nel derby torinese. Tra il silenzio funereo delle tifoserie di entrambi gli schieramenti, il campo fu inondato di fiori da un elicottero, che furono raccolti poi sulla fascia destra, quella di competenza del giocatore deceduto.
Nestor Combin, grande amico di Meroni, insistette per giocare nonostante la febbre che lo aveva colpito pochi giorni prima. In memoria dell'amico, lottando con furia, al terzo minuto segnò un gol, e raddoppiò al settimo, per poi firmare una tripletta al 15° della ripresa. Il quarto gol fu segnato dal successore di Meroni, il nuovo numero 7, Alberto Carelli. Dal "Dopo Superga" è il miglior risultato ottenuto ad oggi in un derby, e ha metaforicamente vendicato i sette derby senza vittorie giocati da Meroni.
Il Torino chiese all'assicurazione di Romero un rimborso per i danni patrimoniali causati dalla perdita del giocatore. All'epoca era un fatto quasi inedito, e i precedenti tentativi (sempre del Torino, dopo Superga), erano stati respinti dai giudici che non avevano riconosciuto il plusvalore rappresentato dall'investimento della squadra in un giocatore di classe. Nel 1971 la sentenza stabilì che si sarebbe dovuto erogare un risarcimento: la decisione, storica, marcò un netto cambiamento di posizione nel tema dei rimborsi per sinistri. L'arrivo alla presidenza di Romero, nel 2000, espose la società ad aspre critiche da parte dei tifosi che in parte attribuivano ancora al neopresidente la responsabilità dell'accaduto. Secondo la compagna di Meroni, con l'arrivo di Romero il Torino smise di mandare fiori sulla tomba del giocatore nel giorno del suo compleanno, una tradizione che resisteva da oltre 30 anni.
Due mesi dopo la morte, la tomba di Meroni fu profanata al cimitero di Como da uno squilibrato che non riusciva a comporre il dolore per la perdita. L'uomo aprì la bara, asportò il fegato dal cadavere del giocatore consegnandolo giorni dopo alla polizia. Ancora oggi in occasione di vittorie della squadra, è usanza di una parte della tifoseria andare a porgere omaggio nel punto dove Meroni fu investito. Nel 2007, in occasione del quarantesimo anniversario della morte di Gigi Meroni, è stato collocato dal Comune di Torino un monumento in granito rosso nel luogo in cui è avvenuto l'incidente. A Meroni sono stati dedicati vari libri, tra cui quello di Nando Dalla Chiesa: "La farfalla granata", una canzone: "Chi si ricorda di Gigi Meroni?" degli Yo Yo Mundi e una poesia di Ermanno Eandi inserita nella sala dedicata a Gigi Meroni nel Museo del Grande Torino. A suo nome sono stati intitolati diversi club sportivi (fra cui il nostro) e il ricordo di un calciatore che avrebbe potuto dar molto al calcio italiano rimane immutato.


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